Menhir del Salento

Una concentrazione straordinaria, nel Salento, di Menhir sentinelle mute che presidiano crocevia antichi e che nemmeno la cecità dell'oblio dei millenni, ha trovato il coraggio di abbattere. Solo la cristianità ha osato infrangere il mito, trasformandone alcuni in comodi piedistalli per la Croce.

Alti mediamente dai 4 ai 5 metri, si tratta di monoliti di pianta rettangolare con ricorrente esposizione ad oriente. Il loro significato è andato perduto.

Segnali di riconoscimento delle vie dell'acqua quando la presenza di corsi d'acqua era questione di sopravvivenza? Calendari litici per segnare il ritorno della stagione dell'abbondanza? Luoghi solenni dove suggellare contratti, unioni, alleanze, celebrare riti propiziatori?

Ipotesi che potrebbero essere tutte altrettanto plausibili. Certa è la loro funzione sacra e rituale, dal momento che l'uomo preistorico non avrebbe sprecato tempo ed energie (cavare da un banco di roccia un blocco unico di pietra da erigere) per attività che non fossero ritenute necessarie.

Un uomo si è posto domande quando nessuno sembrava prestare attenzione alle grandi pietre del Salento. Per trent'anni ha attraversato in lungo ed in largo la penisola salentina alla ricerca di queste testimonianze indecifrabili del passato. Raccoglieva segnalazioni di contadini, sovrani incontrastati di luoghi dove il silenzio della memoria perduta, ha preservato questi tesori.

Alberto Signore, il gran Maestro dei Menhir del Salento. Per primo ha censito e segnalato alle autorità l'importanza di una tale ricchezza culturale. Spesso provocatorio, ma solo per il fine ultimo di risvegliare le coscienze addormentate di chi con sufficienza ha archiviato frettolosamente un capitolo della nostra storia di uomini.

Le sue azioni hanno ottenuto l'effetto di attirare l'attenzione non solo degli addetti ai lavori (enti, studiosi) ma soprattutto degli abitanti locali, i soli veri custodi del territorio. Ad Alberto Signore dobbiamo l'intuizione che nelle campagne, al riparo di occhi indiscreti, chiunque avrebbe potuto distruggere per sempre tracce di una umanità che muoveva i suoi primi passi. Oggi si aggira soddisfatto nei paesi della provincia dove anche i bambini sanno cos'è un Menhir e spesso è chiamato a celebrare la gioia di un nuovo ritrovamento. Un salentino doc, geniale nella sua consapevolezza che ciò che produce ricchezza in un territorio è la sua cultura: inimitabile ed inesauribile fonte d'ispirazione per i suoi abitanti.

patrizia

 

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